FILM DOCUMENTARIO

Suoni in Aspromonte

fotografia e regia Nino Cannatà
ricerca etno-musicologica Mimmo Morello
multimedia Progetti Digitali
produzione LYRIKS

con il patrocinio e la consulenza scientifica di
Università La Sapienza di Roma – Dipartimento di Storia, Culture e Religioni

con il patrocinio e sostegno di
Ente Parco Nazionale dell’Aspromonte

“Il cinema è l’unica forma d’arte che – proprio perché operante
all’interno del concetto e dimensioni di tempo – è in grado di riprodurre
l’effettiva consistenza del tempo – l’essenza della realtà – fissandolo e
conservandolo per sempre”

Andrej Tarkovskij da Scolpire il tempo

Il film “Suoni in Aspromonte” con alla base una vera e propria campagna di registrazione vicina nel metodo all’indagine etno-musicologica, assume forte carattere di documento etnografico nonché antropologico. Pur mantenendo nei risultati un aspetto cinematografico, grazie all’accurata fotografia, racconta un Aspromonte poetico e ricco di risorse. Un peregrinare caleidoscopico nelle numerose realtà ancora vive sulle orme di “Suoni” leggendari a rischio di estinzione. Protagonista la musica tradizionale con i suoi più autorevoli suonatori e costruttori di strumenti musicali che insieme a quello che rimane di gesti, riti e danze remote costituisce il tessuto di antichi saperi e linguaggi, rappresentati nel lungometraggio. Un viaggio alla ricerca della più remota civiltà agropastorale, profondamente radicata in luoghi spesso isolati e poco noti, dove ancora si trovano attivi repertori e saperi musicali purtroppo fortemente compromessi dalla società moderna e consumistica. Durante il viaggio, una serie di scoperte e rilevamenti inediti rendono più ricco e interessante il nutrito repertorio/bagaglio/caleidoscopio di personaggi, suoni e antichi strumenti, alcuni dei quali dati per dispersi.

il film-documentario è in fase di post produzione

Contributi critici
Anticipiamo alcuni autorevoli commenti che accompagneranno l’edizione finale del progetto

“Mi sembra, [un film] rivoluzionario, perché tira fuori una realtà che non era mai stata tirata fuori, sottolineata (a parte i miei documentari degli anni 50); invece si sente che ce n’è bisogno, perché è proprio il substrato della nostra cultura: questo Aspromonte che si vede, è come un fossile che viene alla luce e ci racconta la vita com’era, che non è una vita arretrata, rozza, incolta, ignorante, superstiziosa, era una vita completa che ci è stata tolta, che è stata sopraffatta, con brutalità, senza una necessità precisa, se non quella di celebrare questo Regno d’Italia”.

Vittorio De Seta (estratto da un’intervista video inedita)

“Suoni in Aspromonte è un documentario che conduce – in modo rigoroso e al tempo stesso poetico – dentro il mondo complesso e articolato dei musicisti popolari dell’Aspromonte, mostrando pratiche musicali e contesti culturali che hanno mantenuto nella contemporaneità l’armonia con la terra, il senso etico del vivere insieme, la gioia della creatività”.

Antonello Ricci e Roberta Tucci (Università La Sapienza, MiBAC)

“Promette di essere un bellissimo documentario. La fotografia è raffinata ed inusuale, e naturalmente la musica e la polifonia calabrese non hanno eguali”.

Anna Lomax Wood (Presidente Association for Cultural Equity, NY, U.S.A.)

“Come avviene tante volte, in queste immagini che ho visto, la partenza è il suono, e poi si attiva il gesto. Un ritmo quasi sempre oscillante che sembra apparentemente iterativo. E’ un iter che ha senz’altro un andamento circolare, a spirale, in modo che ogni cerchio non è mai uguale a quello precedente (…). La musica non è intesa come esibizione, è intesa come un linguaggio che tende a scivolare in una dimensione in cui sono presenti i vecchi elementi dell’essere posseduti, della coralità che si identifica proprio nella confluenza di tutti gli elementi in un’unico elemento che è quella corrente dionisiaca che rende la musica e il canto un momento celebrativo.
Sono stato in Aspromonte e i linguaggi mi sembravano talmente complessi e lontani dalla tradizione in Campania che dissi: ci vorrebbe qualcuno che si dedicasse a riscoprire questo mondo, che mi sembrava quasi chiuso in una conchiglia, che risuona al di fuori del tempo”.

Roberto De Simone (estratto da un’intervista video inedita)